(Arretium, gr. ’Aρρήτιον) era una delle principali fra le 12 città (dodecapoli) dell’ Etruria, attestata in una posizione dominante su due colli e con abbondanza di acqua (Tito Livio: 9,37 e 10,17). Risale certamente ad epoca pre-etrusca in una zona abitata fin dalla preistoria, come dimostra il ritrovamento di strumenti di pietra e del cosiddetto ”cranio dell’Olmo”, risalente al Paleolitico e rinvenuto nei pressi della frazione di Olmo durante i lavori di scavo di una galleria della linea ferroviaria Roma-Firenze nel 1863. Incerta è ancora l’etimologia. Giacomo Devoto pensa ad una base riconducibile ad una fase preetrusca definita “tirrenica”.
Alberto Nocentini ribadisce la derivazione etrusca appoggiandosi al fatto che Luvkhumes Cilnies è descritto nell’epitaffio della figlia Larthi Cilnei, come an aritinar meani arsince, ossia colui che in gioventù salvò gli Aretini (dove ariti sarebbe il nome antichissimo della città e –ar un segno distintivo del plurale. Secondo Franco Paturzo invece il toponimo avrebbe origini prettamente mediterranee perché si ritrova anche in Sardegna e nelle province basche. Fantasiosa, ma suggestiva è, infine, la tesi del Bonfante per il quale il nome di Arezzo, nota per le miniere di ferro, si ritroverebbe nella parola tedesca Erz che significa appunto minerale metallico (Arezzo sarebbe insomma il posto del ferro!).
Ai due colli del primitivo insediamento, il Colle di San Donato dove sorge oggi la Fortezza e quello di San Pietro, dove sorge oggi la Cattedrale, un bel libro di Giogio Feri, “I sette colli della conca di Arezzo” ne aggiunge altri cinque: il Colle di Santa Maria, il Poggio del Sole, il Pionta, il Colle di Maccagnolo e il Colle di Santa Fiora, portando il totale a sette. Anzi a otto, perché il Feri aggiunge anche Castelsecco-San Cornelio dove si trovano i resti di una struttura teatrale portata in luce a partire dal 1969 dal prof. Guglielmo Maetzke, la cui scena insisteva su un poderoso sistema di terrazzamento speronato. Il teatro è attualmente interrato per preservarlo da eventuali danneggiamenti: la Brigata ne ha sempre sollecitato il pieno recupero.
Favorita da un territorio ricco anche di vini eccellenti e di grano, era florida e celebre per un’imponente attività industriale, particolarmente per le fabbriche di armi e per i manufatti in argilla. Quanto alle armi, anche per lo sfruttamento delle miniere di ferro dei Monti Rognosi, nel 205, all’epoca della Seconda Guerra Punica Arezzo fornì a Roma praticamente l’intero fabbisogno per le esigenze belliche. Nonostante l’esito disastroso della rivolta contro Roma del 301 a.C., il saccheggio e la distruzione subita dai Galli Senoni nel 285 a.C., la feroce vendetta di Silla per l’appoggio dato a Mario nel 91 a.C. e il danno subito nel 64 a.C. per essersi schierata con Catilina, Arezzo rimase fino a tutto il I secolo d. C. la terza città d’Italia dopo Roma e Capua. Della sua grandezza e importanza fa fede l’Anfiteatro Romano, capace di contenere fino a 10.000 spettatori con un’arena di grandi dimensioni (71,9 x 42,7 metri), solo di poco inferiore a quella del Colosseo (77 x 46,5 metri).
I vasi aretini (arretina vasa) erano famosi in tutto il mondo antico (se ne è trovata traccia perfino nelle tombe dei Faraoni) e furono ricercati almeno fino a tutto il VII secolo d.C. sia per le necessità della vita familiare che per ornamento e per lusso. Erano finemente lavorati con ottimo gusto artistico in argilla plastica di colore rosso o nero.
Riconosciuta come capoluogo di provincia dal Granduca di Toscana (il Palazzo della Provincia, con i notevoli affreschi di Adolfo de Carolis, fu costruito tuttavia soltanto nel 1925) Arezzo ha conosciuto una forte crescita fra Ottocento e Novecento grazie all’autonomia amministrativa e all’apertura delle comunicazioni ferroviarie con Firenze e Roma. Il centro cittadino si è progressivamente spostato verso la pianura con la costruzione di nuovi quartieri e con varie iniziative industriali e commerciali. Gli Aretini parteciparono attivamente e con coraggio alla lotta partigiana, pagando un pesante tributo di vittime. Nel dopoguerra la ricostruzione fu rapidissima, e già negli anni cinquanta era ripreso in pieno lo sviluppo. Una circostanza veramente notevole se si pensa che al termine della Seconda Guerra Mondiale aveva il 60% di edifici distrutti. Il passaggio del resto dall’agricoltura all’industria fu tanto repentino che Piero Magi in Toscana presa a schiaffi ebbe a scrivere che “il contadino aretino entrò in casa la sera appoggiando la zappa allo stipite della porta e ne uscì la mattina dopo in Lambretta per andare in fabbrica”. La sirena del “Fabbricone” ha segnato per decenni il tempo agli Aretini e la “Lebole” ha contribuito in maniera massiccia e determinante all’emancipazione del personale femminile. Molto ha giovano alla città il fatto di essere stata inclusa nell’itinerario dell’Autostrada del Sole.
Oggi la città, ricca di storia, di arte (gli affreschi di Piero della Francesca nella Chiesa di S. Francesco sono forse la più grande pittura murale del mondo, ove il criterio di valutazione non siano i metri quadrati) e di cultura (rivestono importanza internazionale il Concorso Polifonico nel nome di Guido d’Arezzo e la Giostra del Saracino) si pone come centro mondiale dell’ oro ed ha recuperato, grazie ad un perfetto restauro, il Teatro Petrarca.
Fra le grandi manifestazioni vanno annoverate la “Fiera Antiquaria”, nata nel 1968 da un’idea dello storico antiquario aretino Ivan Bruschi, che si tiene ogni prima domenica del mese e il sabato precedente per le vie del centro storico e in Piazza Grande, e la “Fiera di settembre” (Fiera del Mestolo la “Fiera antiquaria”, che si tiene ogni anno il 9, 10 e 11 settembre.
L’ultima settimana di agosto si svolge dal 1952 il Concorso Polifonico Guido d’Arezzo, concorso internazionale al quale partecipano cori provenienti da tutto il mondo. Il concorso è una tappa del Gran Premio Europeo di canto Corale che si svolge periodicamente ad Arezzo ogni sei anni.
Il penultimo sabato di giugno, in edizione notturna, e la prima domenica di settembre si corre invece la Giostra del Saracino torneo cavalleresco ripreso nel 1931 e che vede in competizione i quattro quartieri in cui è divisa la città (Porta Crucifera, Porta del Foro, Porta Sant’Andrea e Porta Santo Spirito) battersi per conquistare la lancia d’Oro.
Da quasi quarant’anni si svolge, prevalentemente sull’organo Tamburini di Pieve (uno dei migliori d’Italia), il festival Organistico Internazionale che da qualche anno è stato inglobato nel cartellone di OperaWiva del Maestro Andrea Trovato, con la collaborazione della Brigata degli Amici dei Monumenti.
Nel 1987 si è svolta ad Arezzo la prima edizione di Arezzo Wave, manifestazione rock divenuta punto di riferimento in Italia per le nuove tendenze musicali, le nuove proposte internazionali e prestigioso trampolino di lancio per i gruppi emergenti.
Ad Arezzo e nell’aretino sono stati ambientati, in tutto o in parte, oltre alla Fiction RAI Una sera d’ottobre del 2009, una diecina di film, fra cui celebri Il paziente inglese del 1996 e La vita è bella del 1997.
Arezzo possiede anche un Aeroporto (codice ICAO “LIQB”) che è per ora una piccola infrastruttura aperta soltanto a piccoli aerei privati. La pista in asfalto è lunga 750 m. e larga 70. È stata avanzata da tempo una proposta di ampliamento.
Arezzo è gemellata con 10 città: Montenars (Udine), dal 1977 – Saint-Priest (Francia), dal 1981, Eger (Ungheria), dal 1989, Bedford (Regno Unito), dal 1994, Viseu (Portogallo), dal 1998, Oświęcim (Polonia, conosciuta in tedesco come Auschwitz) dal 2009 e Norman (U.S.A.) dal 2009.
La città di Arezzo è insignita della Medaglia d’Argento al Merito Civile con la seguente motivazione:
“Con indomito spirito patriottico e alta dignità morale partecipava alla Guerra di Liberazione e sopportava bombardamenti, rastrellamenti e atroci rappresaglie che causarono centinaia di vittime civili e militari. I sopravvissuti diedero prova di incrollabile volontà, reagendo agli orrori della guerra, per intraprendere, poi, la difficile opera di ricostruzione morale e materiale. Ammirevole esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio”.